mercoledì 25 settembre 2019

Greta Thunberg: risorsa o rischio per l'ambientalismo?


Sicuramente conosco colpevolmente poco di Greta Thumberg. La grancassa mediatica sfiora occasionalmente chi si informa principalmente dal sito Ansa o dai programmi radiofonici, che hanno la capacità di ridimensionare, almeno un poco, l'effetto bomba universale dato dai programmi TV e dalle prime pagine dei giornali nelle edicole.

Un fenomeno mediatico quasi senza pari, montato nel giro di un anno, tanto da portare un'adolescente problematica a parlare con irriverenza ai potenti della terra.
Da ecologista non posso che celebrare con piacere che i temi dell'ambiente vengano portati alla ribalta, qualsiasi sia la persona che riesca a farlo, Greta compresa.
Problemi reali, che io stesso vivo con apprensione e talvolta rabbia.
Detto quindi che i temi cavalcati dalla giovane svedese vanno cavalcati e abbracciati da più persone possibili, quanto avviene penso debba tuttavia portarci anche ad alcune riflessioni.
In primo luogo mi domando il perché di tanta attenzione per un'adolescente, quando l'allarme ambientale è lanciato da decenni da studiosi, ricercatori, associazioni ambientaliste, partiti e finanche politici di primissimo livello cadendo perso nel vuoto.
Di fatto Greta è figlia di gente di spettacolo, una madre cantante famosa e il padre attore, e questo spiegherebbe la disinvoltura con cui la sua famiglia le consenta, ancora studente minorenne, questa dispendiosa crociata pubblicitaria.
Si, pubblicitaria, perché secondo alcune autorevoli firme, Greta farebbe parte di un imponente piano di marketing governato da Ingmar Rentzhog, abile PR che lavora per la famiglia di Greta, ideatore della start up “We don't have time” e dipendente del Global Utmaning, un'associazione no profit svedese operante nello sviluppo sostenibile.
Insomma, bel lungi dall'essere la storia di una bambina che ha subito i danni dell'ambiente e che per una bella favola va a dirne quattro a un Donald Trump che dell'ambiente bellamente se ne frega, abbiamo una figlia di ricchi svedesi (la Svezia tra l'altro non primeggia per problemi ambientali), finanziata da una onlus milionaria e gestita da comunicatori professionisti.
Ma come detto ben venga chi spinge il mondo a riflettere sulla tematiche ambientali, ma teniamo ben presente che non si tratta di una bella storia casuale, bensì di un piano comunicativo ben strutturato con una giovane attrice ben disposta al ruolo che interpreta.
Evitando di cercare il potenziale maligno dietro ai poteri che muovono la marionetta Greta, mi lancerei però in una seconda riflessione: se il personaggio Greta può prestarsi ad accuse di fenomeno mediatico pilotato, non può il fenomeno Greta Thungber rappresentare una minaccia per quel movimento che ora va a rappresentare?
Nel sentirla parlare con enfasi rabbiosa alle Nazioni Unite, posso commuovermi, ma posso anche vedere una brava attrice di 16 anni, oppure ancora peggio vedere una bimba isterica e arrabbiata difficile da prendere sul serio. E se Greta diventa sinonimo di ambientalismo, per la proprietà transitiva, un eventuale credibilità di Greta potrebbe portare l'intero movimento ambientalista mondiale che vi si è riconosciuto alla catastrofe.
Un rischio implicito dell'associare un volto, un leader unico ad un ideale o a un movimento. Fatto forse imprescindibile in un mondo dove l'immagine e l'iconografia dominano sui contenuti, valori e sulle idee ed anzi diventano forse unico modo efficace per veicolare le idee.
A mio parere per il mondo ambientalista è necessario trovare immediatamente altri leader carismatici che supportino e rilevino la bionda bimbe svedese prima che la troppa glorificazione la distrugga insieme la movimento che intende rappresentare.

La pagina di Wikipedia su Greta Thumberg
Un articolo di Luca Scialò a cui ho attinto numerosi spunti ed idee

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